Italia-Francia: l’eterna lotta che iniziò 110 anni fa

Il 15 maggio 1910, con una goleada senza precedenti, gli azzurri travolsero la Nazionale transalpina vincendo 6-2 nel loro primo storico

Italia-Francia: l’eterna lotta che iniziò 110 anni fa
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15 Maggio 2020 - 15.30


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Di Manuele Calvosa

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Qual è, senza dubbio, il match più sentito della storia del calcio?

Probabilmente per un italiano la risposta sarebbe inequivocabile e quasi scontata: Italia-Francia.

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Per chi è nato in Italia è un vero e proprio derby tra Nazionali, è la partita per antonomasia. Molti ancora si rammaricano al solo ricordo della finale di Euro 2000, quando Trezeguet, all’ultimo minuto dei tempi supplementari – all’epoca vigeva il Golden Gol –  con una girata di sinistro trafisse Francesco Toldo condannando la Nazionale di Dino Zoff.

Molti piangono ancora di gioia, invece, rievocando la voce solenne di Marco Civoli che nell’estate del 2006 consegnò all’eternità la frase storica “Il cielo è azzurro sopra Berlino”: lo stesso David Trezeguet, sbagliando il  rigore, aveva spianato la strada all’allora acerbo ed esordiente Fabio Grosso che, partendo dal dischetto con l’ultimo penalty della batteria, batté inesorabilmente Fabien Barthez con un tiro ad incrociare praticamente imprendibile.

Tutto questo, agli occhi dei tifosi italiani, ha reso il francese una sorta nemico da sconfiggere ad ogni costo, piuttosto che un avversario da rispettare ed affrontare.

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Una rivalità che non è però di storia recente: per capire bene, bisogna tornare agli albori di questa vicenda, quando non era che una partita di calcio fra giocatori “semi-professionisti”.

Occorre tornare con la mente a quel fatidico primo match fra Italia e Francia che avvenne il 15 maggio 1910 e che vide gli azzurri trionfare inesorabilmente.

Di certo non era una delle più belle domeniche di maggio e sicuramente non una delle più brillanti Nazionali francesi. Prima di quella gara, alla Francia erano state inflitte due batoste pesantissime: 0-4 contro il Belgio ed addirittura 0-10 contro l’Inghilterra.

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Il 14 maggio per giungere in Italia, inoltre, la Nazionale transalpina aveva dovuto affrontare un viaggio di ben 10 ore in treno. Insomma, le premesse lasciavano presagire un’altra sonora sconfitta.

Il giorno seguente era tutto pronto, ed il campo dell’Arena Civica di Milano era stato portato al limite delle dimensioni regolamentari, per poter sfruttare la stanchezza degli avversari.

Gli undici azzurri, guidati da Roberto Meazza, erano di categorie sociali diverse ma non di certo calciatori professionisti o almeno, questa figura, non era paragonabile a quella che conosciamo noi oggi.

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L’estremo difensore azzurro, per esempio, era un artista: aveva 22 anni e studiava all’Accademia delle Arti di Brera; Francesco Cali, il capitano, ne aveva 28 (o meglio, li avrebbe compiuti il giorno seguente) ed era un fotografo.

Le due compagini scesero in campo intorno alle 15:50 dirette da Henry Goodley, un arbitro di nazionalità inglese che di certo non si guadagnava da vivere facendo solo il giudice di gara: era un perito tessile che lavorava a Torino.

Il primo tiro verso la porta francese arrivò dopo 5 minuti dal fischio d’inizio, e dai piedi dell’ala sinistra Arturo Bojacchi: il giovane ragazzo aveva appena 21 anni e come prevedibile che fosse, anche lui, di mestiere non faceva il calciatore, ma il meccanico.

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Dopo appena 7 minuti da quel tiro si sentì un boato fortissimo provenire dalla tribuna, che quel giorno contava circa seimila tifosi (di sicuro un gran bel colpo d’occhio): al 13’ Pietro Lana, con una bordata da 35 metri, su assist di Bojacchi, firmò il primo storico gol.

Al 20’ il 19enne Fossati, con un missile da fuori aria, portò la Nazionale italiana sul 2-0 .

Alla fine del primo tempo gli azzurri avevano il pieno controllo del match e conducevano con due lunghezze al di sopra dell’avversario.

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Dopo appena tre minuti dall’inizio della ripresa i galletti, senza farsi trovare impreparati, accorciarono le distanze facendo tremare l’intera Nazionale di Meazza, portandosi sul 2-1 con la rete di Bellocq.

Una gioia inequivocabile, quella dei francesi, che durò però appena 10 minuti: Lana servito da Varisco mise a segno la sua doppietta personale e quindi il 3-1.

Uno dei principi fondanti di questo sport è riconducibile alla frase “ad ogni azione corrisponde una reazione”: i francesi reagirono quasi subito.

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Ducret calciò una punizione fenomenale ristabilendo la differenza di misura fra le due compagini. Siamo sul 3-2.

Fu quello però l’ultimo gol dei transalpini che videro un’Italia, in stato di grazia, dilagare a Milano in quella calda domenica di maggio.

Completamente inermi cedettero sotto i colpi di Rizzi e De Bernardi: i due ventiquattrenni erano nella vita di tutti i giorni, rispettivamente, un direttore commerciale ed un geometra.

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Sul finire della gara, il colpo di grazia fu inferto da Pietro Lana:  con un rigore all’89’ trafisse la Francia per la terza volta portando il risultato sul 6-2 e scrivendo così un pezzo storia.

Con l’ultimo gol, Lana firmò la prima tripletta della storia della Nazionale italiana.

Era tarda sera quando le ultime luci del sole consentirono al pubblico pagante di scortare i valorosi azzurri negli spogliatoi.

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Come? Dopo il triplice fischio di Goodley, gli spettatori avevano invaso il campo prendendo uno ad uno gli atleti italiani e portandoli in spalla come si fa con gli eroi dopo una grande impresa, conducendoli così fuori dal rettangolo di gioco.

Oggi dopo 110 anni la rivalità fra le due squadre porta ancora un notevole strascico, reso tangibile dall’atmosfera che questa gara ha creato intorno a sé. Sta al buon senso dei tifosi, però, trasformarla in sana competizione piuttosto che in “odio giustificato”.

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