Un Koan Zen che molti citano e che solo pochi mettono in pratica racconta di un uomo che — appeso a una pianta su fianco di un precipizio, con una tigre che lo bracca dall’alto e un’altra tigre che lo aspetta in basso —, vede una fragola, la coglie e la mangia, assaporandola con grande piacere.
La Nova Eroica di Buonconvento è stata un po’ così: da un lato c’erano le nuvole scure della perturbazione in arrivo dal Golfo del Leone; dall’altro avevamo le notizie sempre più cupe e probabili di una nuova stretta anti-COVID che avevano più che dimezzato il numero dei partenti (575) in rapporto agli iscritti (1274), molti dei quali sarebbero dovuti arrivare da altre parti d’Europa, dalle Americhe e perfino dall’Islanda.
Malgrado ciò, la Nova Eroica c’è stata e, come la fragola del racconto, è stata succulenta e deliziosa.
Dopo un inizio incerto, il tempo è andato via via migliorando e la pioggia caduta il giorno prima si è rivelata perfino beningna, perché ha compattato la tratta sterrata del percorso, rendendola meno polverosa.
Il borgo di Piana, punto di partenza e arrivo della corsa, è stata una cornice perfetta e sicura per la manifestazione; l’organizzazione, lì come lungo tutto il percorso, è stata, come sempre, impeccabile.
Io — confesso — mi aspettavo che il popolo della gravel fosse un po’ più freddo di quello delle ciclostoriche, ma mi sbagliavo: la “selezione per censo culturale” dell’Eroica ha funzionato una volta di più e l’atmosfera prima dopo e durante la gara è stata la stessa che ho scoperto e amato a Gaiole e Montalcino.
Non è stato facile, lasciare Buonconvento; tornare al mondo reale, all’ora solare e a un inverno che si preannuncia più difficile del solito, ma questo fine settimana mi ha dato un po’ più di fiducia nel futuro, mi ha dimostrato che c’è un’altra Italia, oltre a quella che se ne frega delle regole.
Un’Italia fatta di persone che non litigano, non offendono, che si aiutano a vicenda e che sorridono, malgrado tutto.
Se alla fine andrà tutto bene, sarà per merito loro.