di Antonio Mazzolli
Mentre in Italia ancora oggi si litiga, tra rimbalzi di responsabilità, decisioni ufficiose e litigi tra la politica e gli organi del calcio, in Germania e in Francia sono state prese due decisioni opposte per quanto riguarda le sorti del Fussball, o del football, che dir si voglia.
In Francia la decisione definitiva è arrivata dal Parlamento nel pomeriggio del 28 aprile, con un annuncio del primo ministro Edouard Philippe: “La stagione 2019/20 degli sport professionistici, in particolare il calcio, non potrà riprendere. Gli eventi che riuniranno più di 5.000 partecipanti richiedono un’organizzazione anticipata e quindi non potranno riprendere prima di settembre.”
I campionati di Ligue 1 e Ligue 2 sono quindi interrotti e riprenderanno con l’inizio del nuovo torneo 2020/21. Il Psg è campione, mentre le altre qualificate in Champions League sono Marsiglia e Rennes. Lille, Nizza e Reims qualificate all’Europa League (grande escluso dalle coppe il Lione) e le retrocesse Amiens e Tolosa, che però ha già annunciato di voler fare ricorso per questo verdetto.
Di tutt’altra opinione invece la vicina Germania. Anche se tuttora non esistono comunicati ufficiali a proposito, tutti i sedici ministri dello sport federali hanno dato un parere positivo sulla ripresa dei campionati, anche se a porte chiuse, in un documento preparato per un incontro di questo giovedì con la cancelliera Merkel. Come sappiamo, da alcune settimane i club della massima serie hanno ripreso ad allenarsi in piccoli gruppi e con tutte le precauzioni del caso. Inoltre, la German Football League (Dfl) si è dichiarata pronta a riprendere già dal prossimo 9 maggio.
Occorre prima di tutto studiare la curva dei contagi registrata nei due stati, ma serve anche evidenziare una curiosità: i cinque stati europei nei quali si è registrato il maggior numero di contagiati da Coronavirus sono esattamente quelli in cui si giocano i principali campionati, o perlomeno quelli più competitivi.
Con i dati aggiornati allo scorso 27 aprile, il primo paese per numero di contagiati risulta essere la Spagna con 229.422 (23.521 morti), seguita dall’Italia con 199.414 (26.977 morti), Francia con 162.100 (22.856 morti), Germania con 158.142 (5.985 morti) e Gran Bretagna con 152.840 (20.732 morti).
Nel nostro paese ancora non è stata presa una decisione definitiva: se nei giorni scorsi i club hanno dichiarato all’unanimità di voler ricominciare gli allenamenti a maggio e il campionato a giugno, le dichiarazione del ministro dello sport Spadafora non lasciano ben sperare e sanno di resa. “Penso che la prossima riunione della Lega Serie A potrebbe riservare una sorpresa: la maggioranza dei club potrebbe chiederci di sospendere questa stagione e prepararsi nel migliore dei modi al prossimo campionato. La Lega di Serie A deve pensare a un piano B. È un invito che faccio anche alla Figc perché le soluzioni possono essere tante”, sono state le parole del ministro, che dovrà prendere una decisione definitiva confrontandosi con Federazione, Assocalciatori e Comitato tecnico-scientifico.
Anche in Spagna regna il caos: nonostante l’imponente numero di casi, sarà possibile tornare ad allenarsi individualmente dal 4 maggio e in gruppo dall’11 maggio, anche nei centri sportivi. Una decisione rischiosa se raffrontata al nostro paese, che ripartirà il 18. L’intenzione è quella di ripartire all’inizio di giugno, seguendo le orme della Bundesliga, come suggerito dal presidente della Federcalcio spagnola Tebas: “Non capisco perché ci sarebbero più pericoli nel giocare a calcio a porte chiuse, con tutte le misure di precauzione”. Sarebbe stato in effetti stabilito un protocollo da seguire in quattro fasi per la ripresa della stagione in corso. Secondo le dichiarazioni di Rafael Ramos (presidente dell’associazione spagnola dei medici di calcio in Spagna) a “El Pais”, gli step da seguire saranno allenamenti singoli, allenamenti in piccoli gruppi, allenamenti di squadra e partite. Una volta determinata l’efficacia delle prime tre fasi si potrà tornare effettivamente ai match ufficiali, che non sarebbero però uguali a come ricordiamo: “Durante i 90 minuti, cambieranno alcune cose: non ci saranno mischie sui calci da fermo, mentre il rischio di contagio attraverso il pallone sarà scongiurato grazie alla sua disinfezione.”
Di tutt’altro avviso sarebbe il ministro della salute Illa, scettico sulla fine dello stato di emergenza all’inizio di maggio.
In Gran Bretagna, quel che è certo è che venerdì 1 maggio i club hanno conosciuto il protocollo di ripartenza messo in atto il giorno prima da autorità sanitarie, governo e federazioni sportive. Saranno fondamentali il distanziamento sociale, gli spazi igienizzati e meticolosi controlli sanitari, con i club che hanno già stanziato una cifra pari a 4 milioni di sterline per effettuare circa 26000 tamponi. Disinfettata tutta l’attrezzatura, compresi palloni e bandierine, confermato l’uso della mascherina per giocatori, staff e arbitri e vietati i massaggi. Per cambiarsi prima di una partita saranno stabilite delle fasce orarie. Le uniche tre squadre che per il momento hanno ripreso ad allenarsi sono il West Ham, l’Arsenal e il Brighton.
Le uniche due leghe che hanno deciso uno stop definitivo sono quindi quella francese e quella olandese (senza assegnare titoli). In un primo momento anche il Belgio sembrava aver preso una decisione definitiva in quella direzione, ma sembra aver fatto un passo indietro e il voto dell’assemblea è stato rinviato al 4 maggio. Nelle leghe minori, come quella turca o quella russa, non sono state prese ancora decisioni definitive.
Questo ritardo nelle decisioni non è di aiuto alla Uefa, che ha chiesto di conoscere i piani definitivi di tutte le federazioni entro il 25 maggio, in modo da poter stilare i calendari delle coppe europee. Quale sarà quindi il destino del calcio in Europa? Risposte certe non ce ne sono, ma sicuramente sarà difficile tornare alle stesse abitudini pre-pandemia.