di Alfonso Esposito
Neppure Rubens avrebbe saputo far meglio. La pennellata con la quale Dries Mertens, ieri sera, ha accecato Ter Stegen è uno di quei lampi di luce che farebbero invidia ai maestri della scuola fiamminga.
Il folletto di Lovanio ha raggiunto Marek Hamsik sulla vetta dei bomber azzurri di sempre, 121 sigilli, e nessuno lo avrebbe detto. No. Perché quando arrivò nell’estate del 2013 in ritiro a Dimaro e fu presentato alla folla festante si sapeva poco o nulla di lui.
Veniva dal PSV Eindhoven, fluttuava sulla fascia sinistra e lo aveva voluto espressamente Rafa Benitez. Punto.
Con un sorriso franco e poche parole aveva fatto capire che nel Napoli del ‘professore’ ambiva a diventar titolare, tanto che Lorenzo Insigne, profeta in casa, tra il serio ed il faceto gli si era rivolto con un eloquente “Bello, calmo calmo…”.
Ha sconfitto tutti, non solo i difensori avversari che, con le buone o le cattive, han provato a mettergli morso e briglia, ma anche i ‘soloni’ che per almeno tre anni si sono affannati a spiegare con dotte analisi che lui e Lorenzinho erano alternativi e che, ovviamente, l’ago della bilancia pendeva in favore dello scugnizzo di Frattamaggiore, poiché il guizzante Dries non reggeva i 90′, giocando meglio da subentrante.
Per tre anni s’è sentito bruciare sulla pelle l’etichetta molto snob di riserva di lusso, d’altronde 22 reti in altrettante stagioni non erano tante. Poi, la svolta, imprevedibile e beffarda. Annata 2016-2017, Gonzalo Higuain consuma il suo tradimento vestendo i colori smorti della detestata rivale di sempre, Gabbiadini non convince affatto, Milik, appena ingaggiato, si rompe ben presto ed allora Maurizio Sarri reinventa Mertens punta centrale.
L’epifania vera e propria cade il giorno 11 dicembre, a Cagliari: sull’isola dei quattro mori il furetto fiammingo mette a segno tre centri in un sensazionale 5-0 e si avvia, con un tourbillon di prodezze e numeri impressionanti, a scalare posizioni nella graduatoria dei cannonieri partenopei di tutti i tempi.
In sette stagioni Dries è diventato ‘Ciro’, Napoli lo ha adottato e gli ha fatto sentire quanto lo amasse. Lui stesso l’ha ricambiata e l’ha scelta come sua nuova patria, soprattutto quando la relazione con la moglie Kat ha vissuto momenti di crisi.
Ha segnato in tutti i modi e, onestamente, nessuno lo avrebbe e lo ha profetizzato. Sotto misura, a palombella, perfino su punizione nonché in giravolta e ricordando, così, ai tifosi azzurri le magie del più grande di sempre.
Ma il destro a giro è il suo marchio di fabbrica, la curvatura nello spazio e nel tempo che ferma l’attimo, la pennellata di talento puro che illumina la scena e ruba l’occhio, mentre quel che c’è tutto intorno diventa insignificante e si dissolve.
Come ieri sera, perfino il giallo delle casacche catalane s’è sbiadito, il pallone era una stella che irradiava di luce propria la notte del ‘San Paolo’ e innalzava sul trono del re il piccolo fiammingo. Che ora, c’è da scommetterci, vuole regnare da solo, spodestando anche Hamsik. E adesso? Rinnoverà? Partirà? Basterà il record di ieri sera per trasformare in dubbi amletici le certezze granitiche del patron De Laurentiis, che da certe cifre non si schioda? Quel che è dato sapere è che la storia lo ha incoronato. Il resto è un duello tra ragione e cuore.